giovedì 20 marzo 2014

I Pennies, gli "inglesi" di Monte Mario


Con questo post voglio parlare dei  Pennies, che, a dispetto del nome inglese, erano un gruppo rock romano attivo nella capitale tra la fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta. La band si formò nel 1967 in Roma a Monte Mario, zona di provenienza di cinque ragazzi: Stefano Damia,  Enzo Giancaterina,  Massimo Valentini, Alessandro Rossetti e Alessandro Gramolini.
 

 

Adottarono subito un sound con sonorità pop psichedeliche in stile inglese (Beatles, Moody Blues, Bee Gees) e poco dopo raggiunsero nel loro quartiere una buona fama al punto tale che Il locale dove si esibivano venne ribattezzato Pennies Club.
La loro capacità di esibirsi dal vivo li portò a suonare nei diversi locali che all'epoca sorsero nella periferia della capitale sino ad arrivare al mitico Piper Club. Li vennero notati da Vincenzo Micocci che in quegli anni stava creando la IT, l'etichetta che tanti grandi artisti avrebbe poi lanciato nel mercato italiano.
Il gruppo realizzò il primo singolo per l'etichetta discografica Mark Tre di Gianni Marchetti, questo venne registrato negli studi della RCA di Via Tiburtina. Sul lato A vi era Un minuto di libertà brano firmato dalla coppia  Ruisi-Bardotti  mentre il retro conteneva Lo sconfitto,  una cover di The boxer di Simon & Garfunkel.
 
 
 

Seguì al disco un'intensa attività dal vivo, sia in vari locali della penisola che in alcuni festival, tra cui anche il 1° Festival Pop di Viareggio del 1971, la stessa manifestazione che lanciò Mia Martini, i Delirium di Ivano Fossati e la Premiata Forneria Marconi.
Nella primavera del 1972 uscì il loro lp, The Five Pennies Opera, cantato interamente in lingua inglese e  fortemente influenzato dalla musica psichedelica di fine anni '60.
La scelta si spiega con l'intenzione dela casa discografica di presentare i Pennies come un gruppo inglese, pratica utilizzata all'epoca anche per il gruppo dei Flea on the honey.
 
 
 

Il disco, registrato allo Studio 38 di Edoardo Vianello e stampato in 5000 copie, presenta otto brani inediti composti dal gruppo ma firmati da Gianni Marchetti (con lo pseudonimo di Dinamo) in quanto i Pennies non erano ancora iscritti alla Siae. E' presente anche Photograph, un brano scritto appositamente per loro da Amedeo Minghi, che all'epoca era amico dei ragazzi, in collaborazione con Lally Stott.
L'album, nonostante alcuni passaggi radiofonici, passò sostanzialmente inosservato. Qualche anno dopo alcuni brani del disco vennero inclusi nella colonna sonora del film Emanuelle e Françoise le sorelline diretto dal regista Joe D'Amato nel 1975, i brani, nei titoli di coda del film, vengono comunque attribuiti a Joe Dinamo.

 
 




Il 6 gennaio 1972 i Pennies fecero il loro ultimo concerto al Gattopardo, locale oggi chiamato Gilda. Continuarono ancora per qualche tempo a collaborare con Gianni Marchetti  partecipando alla registrazione del 45 giri di Rosalino (Ron) Storia di due amici, di alcuni brani di Piero Ciampi e di  Marisa Sannia. Il gruppo si sciolse improvvisamente mentre stavano preparando, con l'aiuto di Amedeo Minghi, la versione italiana di The Five Pennies Opera.
 
 
 
 

L'album oggi è piuttosto raro e non è mai stato ristampato in vinile né in CD. Secondo me merita di essere riscoperto  per la qualità delle composizioni ed il il buon livello tecnico di esecuzione e di registrazione. Insomma un disco che vale sicuramente più di qualche pennies!
 
 

Formazione

Stefano Damia (voce, chitarra)

Enzo Giancaterina (chitarra, voce)

Massimo Valentini (tastiere, voce)

 Alessandro Rossetti (basso, voce)

Alessandro Gramolini  (batteria)

Tonino Santi (batteria e canto)

 

Discografia

Un minuto di libertà - Lo sconfitto Mark Tre (ZK 50083) 1971

The five pennies opera  - Mark Tre (ZSLK 55092) 1972

 

 
 

giovedì 6 marzo 2014

Intervista a Daniele De Gemini della Beat Records Company


In questo post vi parlerò della Beat Records Company una storica casa discografica romana in attività da quasi mezzo secolo. La sua attività è stata da sempre quella di pubblicare la musica da film prodotta in Italia.

Per conoscere la storia di questa gloriosa etichetta indipendente ho incontrato Daniele De Gemini figlio del leggendario Franco De Gemini e attuale Direttore artistico della società. L’incontro è stato sicuramente costruttivo. Daniele, dimostrando molta cortesia e disponibilità, ci ha svelato diversi passaggi della vita della Beat Records e ci ha anche indicato su quali criteri si basa l’odierna  politica editoriale.


 
 
 Musicittà:  Vorrei cominciare chiedendoti come è nata la Beat Record.

 De Gemini: La Beat Record è nata nel 1966 dall’iniziativa di tre professionisti romani che erano in parte editori e in parte commercialisti, ma comunque collegati al mondo del cinema. Crearono questa etichetta così come anche oggi si creano delle società: avere subito un etichetta pronta e cercare poi, strada facendo, uno scopo. Però dopo due anni non s’era ancora mossa paglia in questa società perché ognuno di loro aveva l’impegno di seguire la propria attività, uno di loro, già coinvolto nel mondo della musica,  propose a mio padre Franco De Gemini di provare ad avviare l’etichetta e quindi gli vendette delle quote della società per coinvolgerlo maggiormente. Lui ne diventò l’amministratore e da quel momento, gradualmente, ne divenne socio maggioritario e creò un catalogo abbastanza nutrito specialmente di colonne sonore.
 
 
 
 

 Musicittà: A proposito del catalogo, mi sembra che nei primi anni ci fu, oltre che la presenza di musica per il cinema, anche la presenza di musica leggera o comunque non strettamente legata al cinema.

 

De Gemini: Si è vero, i primi anni furono anche gli anni dei complessi, dei cantanti, dei cosiddetti crooner.  Vi era infatti una serie di 45 giri dedicata proprio a queste produzioni,  esse erano per la maggior parte canzoni pop che all’epoca venivano promosse attivamente alle radio, ai festival ed ai  concorsi canori. Diciamo che questa pratica è stata interrotta nei primi anni 70.

 
 
 
 
 Musicittà:  E quindi da quel momento la Beat si è dedicata principalmente alla musica per il  cinema, anche se mi risulta che ci siano in catalogo dei titoli di musica strumentale non espressamente composta per il cinema. E poi ricordo che ci fu anche  l’esperienza con il jazz.
 
De Gemini: Si... mio padre insieme a mia madre, che era un po’ il suo braccio destro, gestiva diverse edizioni musicali collegate a produzioni cinematografiche quali potevano essere quelle di Edmondo Amati oppure quelle di Italo Zingarelli. Quindi produzioni cinematografiche anche abbastanza importanti   che all’epoca facevano parecchi film e questo gli consentì  di creare una sorta di circolo virtuoso: da una parte  suonava nelle colonne sonore, dall’altra aiutava i produttori ad organizzare le musiche anche facendoli risparmiare sulle produzioni  e da un'altra ancora creando un catalogo editoriale facente capo alle società dei produttori. Veniva poi da essi coinvolto a vario titolo e a vario livello anche editorialmente. Questa esigenza di musica per i film, per la tv e per i programmi  radio, lo portò a  realizzare anche delle vere e proprie libraries musicali, soprattutto orchestrali e  di ampio respiro, con vere e proprie orchestre.  Questa musica aveva comunque un carattere internazionale e  veniva infatti promossa e venduta in America e nei paesi di lingua anglosassone. Poi verso la metà degli anni ’80 si è dedicato parecchio al jazz organizzando molti appuntamenti di jazz italiano. Insieme a mia madre ha costruito da allora un bel catalogo di musica jazz che vanta circa 70 album, fatti tutti con i migliori artisti italiani in attività, artisti famosi in tutto il mondo come Dino e Franco Piana, Enrico Pieranunzi,  Flavio Boltro, insomma gente di questo calibro.
 
 
Enrico Pieranunzi
 
 Musicittà:  Stai parlando della serie Pentaflower…
 
De Gemini: Si, la serie Pentaflower, ma diversi album sono presenti anche su Etichetta  Beat.
 
 
 
Musicittà:     A proposito delle varie collane ed etichette che fanno parte della Beat Record Company, quali ti risultano essere le serie più significative, se ci sono?
 
De Gemini:  Le serie istituzionali sono due: la cosiddetta serie F dedicata principalmente alle colonne sonore, dove comunque si possono trovare anche degli album un po’ sperimentali o produzioni particolari, come ad esempio le  poesie recitate e musicate da Peppino De Filippo (si parla di “Peppino, poesie e musica” con l’orchestra di Mario Bertolazzi ndr). Questa serie si è interrotta su vinile al n. 70 per poi continuare su CD.  Poi c’è la serie CR che è prettamente dedicata alla musica da film per collezionisti, su vinile si e’ interrotta al n. 15 mentre su CD siamo arrivati a 120. Le serie discografiche in totale saranno circa 20 ma quelle più conosciute sono sicuramente queste due.
 
Musicittà: A questo proposito, esiste un tipo di colonna sonora, un genere particolare che va per la maggiore nell’ambito delle colonne sonore?
 
De Gemini:  Devo dire che ha avuto un certo seguito la cinematografia di serie horror e poliziottesco o poliziesco all’italiana, entrambi hanno avuto dei buoni riscontri di pubblico, infatti tra gli eventi che abbiamo organizzato in passato,  parlando di concerti di musiche da film, abbiamo sempre favorito questi due generi:  il poliziesco e l’horror.
 
Musicittà: Il cinema di genere, insomma…
 
 De Gemini: Si, poi c’è anche il genere  western che ha sfondato i confini internazionali, culturali, di tutte le categorie e di tutte le età. Anche il cinema western continua ad avere un grande riscontro di appassionati delle relative colonne sonore.
 
Musicittà: E per quanto riguarda gli autori, vi è qualche autore che vende di più?
 
De Gemini: Ti devo dire che sono comunque i “cosiddetti Big” ad avere più seguito. Mi riferisco, con i dovuti rapporti di celebrità, a maestri come Morricone, Trovaioli, Piccioni, De Masi e Cipriani, anche Ortolani stesso. Devo comunque dire che tutti i compositori di quel periodo sono riusciti alla lunga a ritagliarsi una fetta di pubblico, di apprezzamento e di interesse sorprendente, anche magari quei compositori che hanno fatto  poche colonne sonore o ne hanno fatto un quantitativo intermedio, come Roberto Pregadio, Walter Rizzati, o Gianni Marchetti. Insomma devo dire che tutti, quando gli si offre la ribalta con queste produzioni discografiche, ricevono sempre dei  buoni consensi in quanto  hanno tutti un comune minimo denominatore che è una grande qualità alla base della loro produzione musicale e di questo la gente se ne accorge e apprezza
 
 
 
 
Musicittà:  Quali sono le caratteristiche che deve avere un titolo per entrare a far parte del vostro catalogo?
 
De Gemini:  La nostra stella cometa è senz’altro il fatto se il prodotto è inedito o meno, questo è il primo sbarramento, mentre il secondo consiste nell’appurare  se c’è della musica inedita rispetto a precedenti pubblicazioni. Inoltre esse devono essere preferibilmente esaurite, perché se sono ancora in commercio evitiamo di saturare il mercato. Anche il compositore è un elemento importante, come pure il periodo storico, infatti quando ci si addentra troppo negli anni ‘80 la musica diventa troppo elettronica e non riscontra un eccessivo gradimento, almeno presso il nostro pubblico.  Inoltre consideriamo anche se il film ha fatto scalpore, suscitato interesse,  se è diventato un cult o meno , se ci sono personaggi coinvolti nel cast e nella regia che destano particolare interesse, perché  non sempre un prodotto viene comprato solo per la musica, è anche il film  a fare da traino rispetto alla musica stessa. Nella stragrande maggioranza delle volte però è vero il contrario, ci sono opere filmiche di scarso spessore che vengono riscoperte, disgraziatamente e parlo di alcuni film che sarebbe meglio dimenticare, per delle colonne sonore  di spessore e di ampio respiro.
In  ultima analisi, la scelta può avvenire anche per motivi affettivi. Ad esempio abbiamo ristampato a dicembre Le Ruffian di Ennio Morricone solo perché ci suonava l’armonica mio padre. E non c’era una singola nota in più rispetto all’album precedente che comunque era esaurito. Con questa ristampa volevamo fare un omaggio a Franco.
Posso farti inoltre anche l’esempio di Fantozzi. Abbiamo fatto un cofanetto col primo e secondo  Fantozzi, per il quale ho sputato sangue per tre anni, perché io da piccolo vedevo Fantozzi e mi piaceva  l’idea di mettere la firma, anche se marginalmente, su una cosa che contribuiva ad interpretare quel piccolo fenomeno sociale quale era la filmografia di Fantozzi.  Tutto questo è stato per me un onore. Per questo l’abbiamo pubblicato, anche se non è era una operazione prettamente commerciale, anzi. Io penso che bisogna fare anche questo, non cibare solo lo stomaco ma anche lo spirito. 
 
Musicittà:  Una domanda tecnica: il lavoro che sta dietro la pubblicazione di un opera, quindi l’editing, include anche un contributo degli autori? Ovviamente quando questo sia possibile.
 
De Gemini: Ci sono alcun compositori che sono legati ad una sorta di approvazione del progetto, ma sono pochi in realtà.   Altri invece si fidano ad occhi chiusi, la stragrande maggioranza per la verità. Ma in entrambi i casi è molto difficile che un autore ponga un veto. Magari può suggerire una track list diversa piuttosto che la rimozione di un brano perché a suo giudizio è comunque ripetuto  o poco consono, ma succede raramente. E’ successo, ad esempio,  nel caso di Lo Chiamavano Trinità. Il Maestro Franco Micalizzi ha ultimamente  approvato la nuova ristampa ma  giustamente ci ha chiesto di rimuovere tre o  quattro brani che erano presenti nella stampa precedente,  questo per un motivo logicissimo,  perché erano di un’altra colonna sonora che lui registrò subito dopo Lo Chiamavano Trinità. Siccome i nastri non vennero tolti dalla moviola  quella musica andò a finire sul nastro etichettato Lo Chiamavano Trinità. Coloro che lo ristamparono per la prima volta su cd, dopo ben trent’anni, questa cosa non la intuirono ed infilarono tutto.
Il Maestro Micalizzi ci ha tenuto a correggerla.
 
 
Franco Micalizzi
 
Musicittà: Mi sembra giusto. Prima mi hai accennato  al mercato estero, a quello anglosassone, quale è la differenza tra il mercato italiano ed il mercato estero? E’ solo un fatto di numeri o vi è un modo diverso di rapportarsi con la musica?
 
De Gemini: Direi entrambe le cose. In ambito musicale cinematografico siamo molto apprezzati nell’Estremo Oriente, in America e in Europa. In Italia ci sono più che altro delle sacche di appassionati che hanno la volontà e la determinazione di andare a fondo nella discografia di un particolare genere cinematografico o di un particolare artista e ci danno molta soddisfazione diventando competenti ed appassionati. 
All’estero c’è invece una certa curiosità, che è a prescindere: capita che la gente si interessi ad un artista e compri qualche titolo: o perchè la copertina del disco avendo un fascino ancestrale crea quasi un imprinting  oppure perché  hanno sentito qualcosa su quel particolare compositore e avendo  ognuno di questi autori uno stile abbastanza originale rispetto agli altri,  allora sono intrigati dallo scoprire un nuovo tassello della sua discografia.
Ma sicuramente è anche una questione di numeri. L’America rimane sempre un mercato importantissimo. C’è poco da fare. Sono 300 milioni di abitanti mentre in Italia siamo solo 50 milioni, la statistica non è un’opinione ed ha una base di calcolo abbastanza imprescindibile. Comunque gli americani hanno anche una cultura musicale che storicamente tende ad andare più a fondo rispetto a questi cosiddetti fenomeni di nicchia e  questo ci procura soddisfazioni importanti.
 
Musicittà:  Negli ultimi anni abbiamo assistito alla riscoperta del vecchio supporto del vinile, il mai dimenticato lp a 33 giri. Ho notato che nel vostro catalogo, in particolare nelle nuove proposte, non è presente. Avete eventualmente l’intenzione di pubblicare qualche titolo su questo supporto? 
 
De Gemini: Personalmente io adoro il vinile perché allo stato attuale dell’arte, e qui dirò qualcosa che forse mi rovinerà la reputazione, io trovo che sia il modo di incidere musica più coinvolgente che sia stato mai creato. Però sia chiaro che io mi riferisco al vinile realizzato con un banco analogico, non ad il vinile di oggi che ha alla base una trattazione digitale e viene poi riversato sul vinile, subendo così durante la lavorazione una compressione. Il vinile dell’epoca invece  aveva un calore ed una dinamica audio che io non riscontro nella perfezione della musica digitale di oggi.
Detto questo, il vinile sta attraversando un periodo di colpo di reni, dopo che è stato messo ko dalle nuove tecnologie. C’è una sorta di riscoperta, ma purtroppo temo che sia più rumore che sostanza. Però devo constatare con piacere che ci sono mercati che apprezzano molto il vinile, e sono sempre quelli di lingua anglosassone. Ci sono catene In Inghilterra che sono specializzate nella distribuzione del vinile nei negozi e anche nelle Americhe ultimamente stiamo facendo delle licenze interessanti riguardo ad alcune colonne sonore  che vengono ristampate su vinile. Questo per dirti che la Beat Record, per tanti motivi, potrebbe essere interessata alla ristampa del vinile: il primo motivo è prettamente sentimentale, visto che è il formato su cui è nata l’azienda, inoltre la resa grafica delle buste dei vinili è sicuramente sbalorditiva rispetto al dettaglio ridotto del compact disc.  Infatti la grafica del cd,  per quanto può essere realizzata  bene, ha sicuramente un impatto inferiore. Il problema del vinile è che richiede degli investimenti e soprattutto delle conoscenze a livello distributivo che non sono banali. Cioè, non è perché noi abbiamo un back-ground di un certo tipo e decidiamo di pubblicare un prodotto su vinile, possiamo quindi essere certi che rientreremo come minimo delle spese. Il disco va veicolato in un certo modo, con una certa attenzione.  Per fare una metafora mangereccia: mettiamo che un macellaio voglia vendere anche pizzicheria, lui ha i clienti che cercano la carne. Potrebbe vendere anche pizzicheria ma prima deve espandersi. E’ una cosa che stiamo vagliando. Non escludo che comunque nei prossimi anni la Beat torni a produrre vinile.
 
Musicittà: A proposito di futuro, considerando  il recente avvento delle nuove tecnologie digitali su internet ed il generale calo delle vendite dei compact disc, quale è il futuro prossimo per il settore?
 
De Gemini:  Per quanto ci riguarda, penso che continueremo a produrre cd per diversi anni. Il supporto fisico  è comunque una cosa a cui gli appassionati faticano a rinunciare. Il cd prodotto con tutti i crismi è un oggetto da salotto, un oggetto che riempie non solo lo spazio fisico ma anche quello interiore, una cosa con cui amiamo circondarci.
Sapendo quindi che la gente ama circondarsi di questi oggetti fisici, magari corredati da un booklet curato che presenti anche interessanti interventi degli addetti ai lavori, che possono essere un regista o un compositore e consapevoli che questo viene molto apprezzato dai collezionisti, ritengo che il cd avrà ancora molto da darci.
Detto questo, quando il cd avrà il fiato corto passeremo ad altri supporti e memorizzazioni digitali, noi cercheremo comunque di dare alla gente la possibilità di avere queste vere e proprie opere d’arte, corredate da tutta quella serie di gadget che renderanno  unico il prodotto anche se scaricato  da internet o comprato su  supporti di comunicazione diversa.  Cercheremo quindi di dare sempre una dinamica a 360 gradi al prodotto.
Da questo punto di vista ritengo che il Cd abbia almeno altri 5 anni di vita, se non qualcosa in più.
 
Musicittà:  Bene, allora speriamo qualcosa di più!


Per conoscere il catalogo della Beat Records Company: Clicca Qui
 
 
 
 

 
 
 
 
 

 
 
 

sabato 1 marzo 2014

Manuele De Sica, musica per film noir


Manuel De Sica è un compositore italiano nato a Roma nel 1949 ed è autore di oltre cento colonne sonore composte per il cinema e la televisione.

Di formazione classica, frequentò i corsi di teoria al Conservatorio di Santa Cecilia, dove studiò con Bruno Maderna. Da ragazzo fondò il gruppo musicale beat The Ancients con il quale incise due 45 giri.
 



Nel 1968 compose la sua prima colonna sonora per il film Amanti, diretto da suo padre Vittorio De Sica. Subito dopo scrisse il commento musicale per la serie televisiva FBI - Francesco Bertolazzi investigatore diretta da Ugo Tognazzi.

Seguirono diverse colonne sonore per vari lavori televisivi e per film quali Io e Dio, esordio del regista Pasquale Squitieri, Cose di Cosa Nostra di Steno, Io non vedo, tu non parli, lui non sente di Mario Camerini e continuò la collaborazione con il padre, per il quale compose le colonne sonore dei successivi Il giardino dei Finzi Contini (con il quale ottenne una nomination all'Oscar), Lo chiameremo Andrea, Una breve vacanza e Il viaggio.


Manuel De Sica nei primi anni ottanta.
 

Manuel De Sica compose e incise anche svariati album di sonorizzazione che, soprattutto negli anni settanta e ottanta, venivano utilizzati per sincronizzare servizi televisivi, telefilm e film di vario genere.

In questo post voglio proporvi un disco di De Sica pubblicato in scarsissima tiratura nel 1981 dalle Edizioni musicali Goldfinger, esso è intitolato genericamente e aggiungerei impropriamente Ballabili vari, il disco contiene 15 brani strumentali abbastanza omogenei tra loro, al punto tale  da caratterizzarsi come una vera e propria colonna sonora per un ipotetico film poliziesco.


 

Il lato A inizia con Baobab, un brano di impostazione jazzistica che, dopo un intro cadenzato e reso inquietante da un piano suonato a martello, si addolcisce dopo che subentra un armonica. Ora ottoni e basso elettrico portano il brano verso atmosfere jazz impreziosite da un lungo assolo di sassofono. Il secondo brano, Indagine, è un blues caldo e brillante grazie anche all’apporto di un piano rhodes caricato con il flanger ed ad un sassofono dal suono affogato ma robusto. Appare anche una chitarra semiacustica mentre la ritmica è leggera: Il batterista rimane sempre sui piatti utilizzando solo le spazzole. Till then è un languido brano d’atmosfera, qui a farla da padrone è il moog,  il sound dello strumento  ricorda  lo stile di Alberto Baldan (sarà lui?), appena dietro vi è la chitarra semiacustica che si intreccia con la linea di basso mentre il batterista rimane con le spazzole e viene, nel finale, coadiuvato da congas.
Segue una versione diversa di Indagine dove manca la chitarra. Aspettando è il brano successivo, si presenta con un fraseggio di basso che ricorda molto il riff di Papa was a rolling stone. Si potrebbe aspettare un brano funk-soul ma l’atmosfera del pezzo è invece decisamente suspence con continui riff di chitarra distorta e breaks di sintetizzatore. Il batterista, ancora con le spazzole, sembra arrancare in sottofondo. Con Swinging Venice l’atmosfera si fa più intima e positiva, è un Jazz waltz il cui tema principale è suonato prima da una tromba e poi dalla chitarra semiacustica, appena dietro Il rhodes e il piano si incrociano  creando un tappeto sonoro che sostiene la melodia. Per te, un vero e proprio adagio, è svolto ritmicamente dal rhodes mentre il tema principale, di stampo classico, è suonato addirittura da un oboe.
 
 



Apre il lato B Detective: si parte con dei fiati in sovrapposizione che eseguono un tema quasi puerile che lascia subito spazio a ritmiche funk-jazz con il piano e il basso in evidenza. La batteria è insolitamente possente, corposa e sostiene il brano in midtempo insieme ad una chitarra clippata. Segue Es-pa-na un brano fortemente descrittivo eseguito con poche note. La chitarra acustica fraseggia con il rhodes che ha un leggero riverbero.  Dixie, come lascia intendere il titolo, è un brano in stile anni 30 con un trombone che guida il tema, ci sono anche dei breaks di ottoni mentre un banjo sostiene la parte armonica. In Pedale la parte principale è cantata, parliamo di vocalizzi scat che vengono intervallati da riffs di tromba e da una chitarra in flanger. Sub-terra memores è un brano atmosferico con suoni elettronici e campane tubolari. Il tredicesimo brano è Luna park, di nuovo un jazz waltz, ora la tastiera che esegue la melodia è un harpsichord, sul finale del brano subentra una tromba che da al pezzo un carattere anni trenta. Ritornano le atmosfere thriller con Paura del buio, una chitarra elettrica con un sound psichedelico  crea l’atmosfera tipica dei film poliziotteschi. L’ultimo brano, Ah ah ah, è l’ultima perla del disco, qui una vocalist femminile vocalizza  sul tema in modo sensuale ma anche irrequieto.
 
Dal disco furono tratti alcuni brani per sonorizzare il film tv Il Commissario di Florestano Vancini trasmesso dalla Rai nel 1982. Questa sonorizzazione, a causa della sua estrema rarità è pressoché sconosciuta, anche nell’ambito ristretto dei collezionisti del vinile. Meriterebbe sicuramente maggiore fortuna sia per la sua bellezza sia  per la statura dell’autore.